Far niente. In questa strana espressione che alcune lingue possiedono, il verbo che per eccellenza dovrebbe esprimere l’agire fattivo si unisce al sostantivo che gli nega qualsiasi effetto.
Non far niente / far niente: la lingua italiana, aggiungendo un
non alla locuzione
far niente, sembra voler distinguere due modi di produrre il nulla, uno attivo e uno passivo.
Far niente, infatti, è connotato da un’intenzione produttiva che scompare in
non far niente. Si può
non fare niente, e quindi permanere in uno stato di ozio, di inattività, di inerzia, oppure
fare niente, cioè produrre il niente, ridurre a niente, assottigliare, distillare, dare valore a ciò che è minimo, che è quasi inesistente, non visibile, o che non si mostra con evidenza. Musicalmente parlando, si possono creare gesti, figure, forme, decorsi temporali che appartengono a un altro ordine di grandezza, quello cioè del dettaglio, della microscopia, dell’infra-ordinario, e sfruttare tecniche di strutturazione e di articolazione che producono inattività: il silenzio prima ancora dei suoni e delle note, la circolarità, la ciclicità, la ripetizione, la complementarietà (nel doppio senso del riempimento degli spazi vuoti e dello svuotamento degli spazi pieni), la specularità e la simmetria.
L’ambientazione notturna di
Far niente è, in parte, la conseguenza di queste scelte, lo scenario che idealmente le incarna. La notte è il regno del paradosso che permette di produrre qualcosa pur non facendo, o, se vogliamo, di non produrre cosa pur facendo: solo congiungendo l’attività dello spirito all’inattività del corpo si producono i sogni.
La musica, la più immateriale delle arti, non è forse produzione di nulla?
Stefano Gervasoni, VII. 1998
Far niente (doing nothing). In this strange expression, belonging to a number of languages, the verb that expresses the action par excellence (do) is accompanied by a noun that deprives it of all effects.
“Non far niente/ far niente”: the Italian language, adding a “non” (not) to the locution “far niente” (doing nothing), seems to distinguish between two ways of producing nothing, an active one and a passive one. “Far niente”, in fact, connotes a productive intention which disappears in “non far niente”. One can “non far niente” - that is, remain in an idle state, in a condition of inactivity or inertia - and one can “far niente” - that is, produce nothing, reduce to nothing, make something very thin, distil it: give value to what is minimum, to what hardly exists, is invisible, or doesn’t show evidently. In terms of music, a composer can create gestures, figures, forms, temporal lapses which belong to another scale: that of the detail, of what is microscopic, of what keeps within the ordinary. He can exploit structuring and articulating techniques that produce inactivity: silence - even before sounds and notes -, circularity, cyclicity, repetition, complementarity (in the double sense of filling empty spaces and of emptying full spaces), specularity and symmetry.
The nocturnal setting of Far niente is partly a consequence of these choices - the scenery which ideally embodies them. Night is the realm of the paradox, which allows to produce something while doing nothing - or, one could say, of producing nothing while doing something: only by linking the activity of the spirit to the inactivity of the body are dreams produced.
Is not music, the most immaterial of arts, the production of nothing?
Stefano Gervasoni, July 1998